
Nel Museo di Capodimonte, a Napoli, è conservato un dipinto che raffigura un frate matematico, affiancato da un giovane uomo con lo sguardo fisso verso l’osservatore. Il frate francescano sta illustrando la proposizione 8ª del XIII libro degli Elementi di Euclide: con l’indice della mano sinistra segue il testo euclideo; con la destra disegna su una lavagna la figura geometrica relativa al teorema, un triangolo equilatero inscritto nel cerchio. Il frate è Luca Pacioli, il giovane alla sua sinistra è probabilmente Guidubaldo da Montefeltro, duca di Urbino e suo mecenate. Sul tavolo trova spazio anche un ponderoso volume dalla coperta rossa, sormontato da un dodecaedro regolare di legno. Si tratta della Summa de arithmetica, geometria, proportion

In alto a destra, appeso ad un filo quasi impercettibile c’è un corpo semiregolare, costituito da 24 basi, delle quali 16 sono quadrati e 8 triangoli equilateri. Il solido è riempito a metà d’acqua e su di esso si riflette per tre volte il palazzo ducale di Urbino.Il ritratto di Luca Pacioli è uno dei rari dipinti dedicati ad un matematico e testimonia, oltre che la perizia pittorica del suo autore, anche la fama del frate di Sansepolcro alla fine del XV secolo. Le sue opere matematiche, anche grazie alla larga diffusione che ricevettero per mezzo della stampa, costituirono del resto il punto di riferimento di matematici, artisti e tecnici del Rinascimento.
In questo ritratto del frate sono presenti tutte le operazioni necessarie a trasformare gli oggetti astratti descritti nel testo in oggetti concreti tridimensionali: la proposizione degli Elementi, indicata dalla mano sinistra di Pacioli, riceve una prima visualizzazione grafica nella lavagna a destra del frate, sul bordo della quale è inciso il nome “Euclides”. La successiva operazione del passaggio dall’astratto al concreto è simbolicamente rappresentata da due solidi: il dodecaedro ligneo posto alla sinistra del frate e il corpo di 26 basi, appeso per un filo, come i solidi delle tavole di Leonardo.
Il rombicubottaedro, colmo a metà d’acqua, rifrange per tre volte, sulla sua superficie di cristallo, il Palazzo Ducale di Urbino. Il virtuosismo ottico con il quale l’autore del ritratto raffigura il palazzo di Urbino rimanda al personaggio che affianca Pacioli, e che sembra si possa identificare nel giovane Guidubaldo da Montefeltro, al quale il frate dedica la Summa. Com’è noto, Bernardino Baldi alla fine del XVI secolo, nelle sue Vite de’ matematici, riferiva di un’opera di Piero della Francesca, conservata “nela guardarobba de’ nostri serenissimi Principi di Urbino”, raffigurante il “ritratto al naturale d’esso frate Luca, col suo libro avanti dela Somma Aritmetica et alcuni corpi regolari finti di cristallo appesi in alto, ne’ quali e da le linee, e da’ lumi e da le ombre si scopre quanto Piero fosse intendente ne la sua professione”.
Quale che sia la relazione fra la descrizione del Baldi e l’opera conservata a Napoli, resta comunque evidente l’associazione tra frate Luca e le “forme materiali” dei poliedri regolari. A questo argomento, infatti, Pacioli dedicò gran parte delle sue ricerche e dei suoi studi dopo la stesura della Summa e l’incontro con Leonardo, alla corte di Ludovico il Moro, costituì senza dubbio l’occasione più proficua per realizzare un progetto grafico al quale il frate non poteva dare seguito senza l’aiuto di un pittore abile nella prospettiva. Chi meglio di “quella ineffabile senistra mano, a tutte le discipline mathematici acomodatissima,” poteva disegnare le tavole della Divina proportione?
Alcune ipotesi storiografiche, del resto, sulla base di risontri iconografici relativi al disegno del rombicubottaedro, ai tratti somatici di Pacioli e ai caratteri dell'alfabeto maiuscolo con in quali sono indicati la Summa e gli Elementi di Euclide, tendono a collocare lo ritratto di Pacioli all'interno della scuola di LEONARDO ( www.ritrattopacioli.it/ )
Complimenti vivissimi Professore, sempre in gamba!
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